Le elezioni europee appena passate sono state caratterizzate da due elementi incontrovertibili, da un lato la vittoria del partito dell’astensionismo con una percentuale del 50,31%, dall’altro una forte polarizzazione del voto che ha segnato la crisi del terzo polocentrista.
Questa sconfitta dei liberali deve rappresentare un momento di profonda riflessione per quelle forze politiche che, insieme,avrebbero potuto incarnare un’alternativa dinamica e progressista nel panorama politico italiano. Le ragioni del fallimento sono molteplici, ma uno degli elementi chiave risiede nei personalismi egocentrici e nelle dinamiche di potere interne ai 3 partiti di Azione, Italia Viva e +Europa.
Carlo Calenda, Matteo Renzi e Emma Bonino sono certamente figure politiche di grande esperienza e carisma, ma la loro incapacità di mettere da parte le proprie ambizioni personali per il bene comune ha avuto conseguenze devastanti. La leadership dei tre si è spesso caratterizzata per un forte accentramento del potere, che ha impedito una reale cooperazione tra i partiti, o quando c’è stata ha finito per essere annichilita dalle decisioni seguenti.
Calenda, noto per il suo stile decisionista e la sua visione pragmatica della politica, ha spesso mostrato un’inclinazione a voler imporre la propria agenda senza cercare un consenso ampio all’interno del suo stesso partito, figuriamoci in una coalizione. Renzi, dal canto suo, ha sempre manifestato una spiccata tendenza al protagonismo assoluto, ponendosi come leader indiscusso e spesso isolato nelle sue decisioni. Infine, Bonino, nonostante la sua lunga carriera politica e il suo impegno per i diritti civili, non è riuscita a far prevalere una visione inclusiva e condivisa, rimanendo ancorata a una leadership fortemente personalistica.
Tutto questo ha portato al naufragio di quello che sarebbe potuto diventare il progetto federativo dei tre partiti con la realizzazione del c.d. Terzo-Polo liberale. Infatti, invece di unire le forze in una coalizione solida e coesa, i tre partiti hanno preferito mantenere le proprie identità separate, spesso in competizione tra loro. Questa divisione ha frammentato il voto degli elettori liberali, dilapidando circa 1,3 milioni di voti rispetto ai 3 milioni delle politiche ’22 tra i tre partiti, elettori che hanno preferito spostarsi tra PD e FI.
Una federazione dei partiti avrebbe potuto creare una piattaforma politica più ampia e inclusiva, capace di attrarre una base elettorale più vasta e diversificata. Tuttavia, le tensioni interne, le rivalità esterne e i giochi di potere, hanno impedito la realizzazione di questo progetto federativo. Il risultato è stato un indebolimento complessivo delle forze centriste, incapaci di presentarsi agli elettori come un’opzione credibile e competitiva.
La sconfitta dei liberali di centro alle europee 2024 non è solo una battuta d’arresto elettorale, ma rappresenta una perdita significativa per la democrazia europea. Un centro liberale forte avrebbe potuto giocare un ruolo fondamentale nel bilanciare le tendenze estreme e populiste, promuovendo una politica basata su valori di libertà, inclusione e progresso. Invece, questo fallimento ha lasciato spazio a forze politiche meno moderate e più polarizzanti.
La lezione che emerge da questa sconfitta è chiara: per costruire un movimento politico efficace e duraturo, è necessario che i leader mettano da parte le proprie ambizioni personali e lavorino insieme per un obiettivo comune. L’egocentrismo e la sete di protagonismo non possono essere le forze motrici di un progetto politico che aspira a rappresentare milioni di cittadini. È solo attraverso la collaborazione, il dialogo e la condivisione del potere che i liberali di centro potranno sperare di riconquistare la fiducia degli elettori e di giocare un ruolo significativo nel futuro politico italiano ed europeo.
In conclusione, solo superando le divisioni interne e costruendo una federazione solida, Azione, Italia Viva e +Europa potranno risorgere dalle ceneri di questa disfatta e tornare a essere una forza influente e rispettata nel panorama politico europeo, altrimenti rischiano di rimanere appendice ininfluente nel panorama politico emergente.
Renato Scognamiglio