VIOLENZA TRA I GIOVANI
<<Coltellate tra bimbi per un pallone: ferito un 13enne, l’aggressore ha solo 10 anni: Finisce a coltellate tra minorenni per un pallone conteso. Ennesimo episodio di violenza tra ragazzi nel Napoletano, questa volta a Giugliano in Campania, dove, ieri sera, un 13enne è stato ferito a una gamba con un coltello da un bimbo di 10 anni…>> (fonte: Il Giornale)
<<Calci e pugni per aver difeso un amico, 6 ragazzi arrestati: Punito per aver difeso un amico. Accerchiato, immobilizzato, colpito ripetutamente con calci e pugni. In sei lo hanno picchiato con una violenza inaudita. Colpi così forti da procurargli la frattura della mandibola e che lo hanno costretto a subire diversi interventi di chirurgia costruttiva con una prognosi di almeno 3-4 mesi… >> (fonte: Ansa)
Sono questi i titoli di alcuni articoli riguardanti casi di cronaca verificatesi di recente; avvenimenti che hanno come comune denominatore il fenomeno della violenza giovanile, fenomeno che negli ultimi tempi si sta verificando sempre con maggiore frequenza.
Sono sempre più, infatti, episodi aventi come protagonisti ragazzi che vedono nel ricorso alle armi un mezzo ottimale per la risoluzione di discussioni, conflitti e l’ottenimento della giustizia; e sono sempre più i casi in cui i minori sono vittime di accoltellamenti o i carnefici di essi. Dinnanzi a tutto ciò è lecito chiedersi quali siano le motivazioni alla base e domandarsi perché i giovani sono così attratti dalla violenza.
In generale, potremmo dire che l’adolescenza è un periodo in cui i ragazzi manifestano maggiore trasgressività e impulsività e quindi, se non sono propriamente guidati possono sviluppare comportamenti sbagliati; il che è parzialmente vero. Tuttavia questa non è una ragione sufficiente ed in grado di spiegare propriamente il fenomeno della violenza giovanile.
Rispondere alla domanda precedente, infatti, non è così semplice; questo perché dietro ad ogni adolescente violento si nasconde un malessere profondo che nasce da cause numerose e diverse, molto difficili da individuare e spiegare. Tutte queste però hanno una radice comune, cioè il sempre più dilagante disagio sociale: i ragazzi abbandonati dalle istituzioni sono vittime della povertà, dell’isolamento, di
una crisi educativa e familiare che li porta a non esser in grado di gestire le loro emozioni, né a saper rispondere ad esse e quindi vedono nel ricorso alle armi l’unico modo per reagire al loro malessere.
A tutto ciò bisogna aggiungere anche l’esistenza di una sottocultura basata sulla glorificazione e sulla normalizzazione della violenza, che si sta diffondendo anche grazie ai social media che porta a vedere questi tipi comportamenti come un mezzo per affermarsi socialmente ed essere rispettati. In questo periodo, infatti, si stanno diffondendo sempre di più trend particolarmente violenti, specie su TikTok. È andato progressivamente più virale, infatti, il “choking game” (letteralmente il “gioco del soffocamento”), che consiste nel provare a farsi soffocare da un proprio amico per sperimentare la conseguente euforia dopo la mancanza di aria. Nel 2023, inoltre, si è diffusa l’ “hit and run challenge” (letteralmente la sfida dell’ “incidente e fuga”), che consiste nel registrare video durante incidenti automobilistici e poi correre via, come se fosse uno scherzo o un gioco. Questi trend sui social non fanno altro che normalizzare e addirittura glorificare la violenza tra i giovanissimi, i quali sono facilmente influenzabili e spesso ricreano (o provano a farlo) esattamente ciò che vedono sui social, a maggior ragione se quel determinato video ha numerose views e likes. La situazione sta senza dubbio sfuggendo di mano, eppure nessuno sembra essere in grado di riuscire a mettere un punto alle azioni violente. Per contrastare la diffusione dell’aggressività sarebbe necessaria, infatti, la presenza di punti di riferimento educativi, i quali però sono totalmente assenti: la scuola, ad esempio, dovrebbe essere il luogo primario per la formazione degli individui. Essa dovrebbe indirizzare i ragazzi verso uno stile di vita migliore, insegnare il rispetto per l’altro, insegnare la conoscenza di sé e delle proprie emozioni; ma a causa di diverse lacune non è né in grado di fare ciò né riesce rispondere ai disagi e alle esigenze dei ragazzi. Sarebbe fondamentale e utilissimo fare educazione emotiva, spiegare ai giovani come riuscire a sviluppare empatia e risolvere questioni spinose attraverso la comunicazione, invece che ricorrendo alle mani e alla violenza. Oltre alla scuola, un supporto psicologico potrebbe essere davvero salvifico per molti: sia per i bambini violenti, sia per coloro che sono vittime di tali violenze. Purtroppo, la figura dello psicoterapeuta viene ancora considerata da molti inutile, eppure aiuta a creare uno spazio sicuro dove poter parlare dei propri sentimenti, passo fondamentale per comprenderli e
reagire in maniera coscienziosa. Inoltre, prima si è fatto riferimento ai social, che promuovono la violenza. È impossibile fare a meno dei social media e dell’internet, ma è possibile e necessario iniziare a usare tali piattaforme in maniera positiva e consapevole, incoraggiando l’inclusione e scoraggiando invece la violenza e la discriminazione. È importante che ognuno di noi faccia il proprio meglio per promuovere positività, rispetto, gentilezza, cercando di allontanare sempre di più la violenza, i pregiudizi e l’aggressività.
CATERINA MARIA DEL PRETE MARIA ANNA SAVIANO