Rosaria Troisi secondogenita dei sei fratelli Troisi con raro spirito di altruismo apre le porte della sua casa intrisa dello spirito di suo fratello Massimo e della sua istrionica genialità . Mi accoglie sulla soglia di casa come una persona di famiglia e mi abbraccia con calore. Entro e subito un brivido mi pervade. Ho la netta sensazione di incontrare lui. La prima cosa che mi balza subito gli occhi è un quadro che lo raffigura con una sua celebre frase. La poesia non è di chi la scrive, è di chi gli serve!”.
È lui che la scolpisce con un foulard rosso al collo nei panni di Mario Ruoppolo nel film Il postino, il suo ultimo capolavoro cinematografico in cui ogni fotogramma è uno spunto di riflessione sulla poesia. La poltrona del suo studio, con i braccioli consunti e su cui mi piace immaginarlo sprofondato alla ricerca delle sue memorabili citazioni mi accoglie e al tempo stesso mi rimanda indietro nel tempo, a quello vissuto da lui rendendomi commossa partecipante. Appena entro in cucina Rosaria esclama: «Dai, ti faccio subito emozionare. Questa è la cucina di Massimo». E poi prepara il caffè. Ecco quale sarà il tenore della nostra conversazione. Massimo come famiglia. Poggio la tazzina sul marmo del lavabo della cucina che fu di Massimo e trattengo con fatica un sussulto. Mi riprendo e seguo Rosaria in un giro della casa. Mi mostra fotografie, stampe, oggetti che narrano della vita di suo fratello e soprattutto della sua vitalità in barba alla sua tristemente nota fragilità.
Dal commosso racconto di Rosaria,che per il “mostro di famiglia” come lo ha ironicamente definito rimandando ad una delle sue celebri battute, ha scritto il libro “oltre il respiro “ incontro una persona straordinaria pur nella sua normalità, un ragazzo dall’animo gentile, umile e malinconico che, con parole mai banali, originate dal suo vissuto, dalla sua famiglia e dai suoi amici, a modo suo, ha saputo denunciare con sottile ironia senza mai però scendere nella polemica fatti di attualità. Sapeva parlare tra le righe coinvolgendo battuta dopo battuta un pubblico sempre più numeroso. Con la sua spontaneità, Massimo ha conquistato tutti trasferendoci con generosità un patrimonio non solo artistico senza precedenti, ma soprattutto umano attraverso quelle parole, quelle battute non solo dei suoi film, che ancora oggi ritornano nei nostri dialoghi quotidiani come se nulla fosse perduto. Raccontare il profilo privato di Massimo Troisi non è semplice e proprio per questo, Rosaria ci racconta la “leggerezza troisiana”. La passione e l’impegno che ha messo nel suo lavoro sono stati fondamentali per il suo successo. Massimo ha sempre creduto in se stesso e nella sua arte – ha esordito – e questo gli ha permesso di superare le difficoltà e di raggiungere grandi traguardi”. Mi racconta di quando Dario Fo premio Nobel per la letteratura per la prima volta a Milano vide il trio la smorfia ed individuò in Massimo -che sebbene recitasse in napoletano faceva ridere i milanesi, – un giovane attore di assoluto ed originale talento prevedendone il successo. Le parole di Rosaria corrono fluide e morbide come seta, ripercorrendo momenti di vita personale e professionale di un gigante della cinematografia italiana che da San Giorgio a Cremano ha conquistato tutti arrivando alla nomination agli Oscar come miglior attore protagonista per il film Il postino. Come su un altalena di emozioni sorrisi malinconici e ricordi divertenti si danno il cambio. Rosaria ha la capacità di raccontare come se tutto fosse attuale, come se Massimo fosse presente fisicamente. Mostra con orgoglio la laurea conferitagli ad honorem dall’università degli studi Napoli Federico II,le foto scattate con i suoi amici Maradona, Pino Daniele e Gianni Miná. Mi svela di aver avuto la fortuna di estrarre a sorte, lo studio di Massimo, quando la sua casa romana dopo la sua morte è stata dismessa ed i mobili divisi tra i membri della famiglia rigorosamente con il metodo dell’estrazione a sorte, per conservare un pezzo di vita vissuta dell’amato ragazzo dal cuore grande e continuare a vivere circondati dalle sue cose. Rosaria mi confida che prima di tirare fuori il bigliettino dal bussolotto aveva desiderato di avere proprio lo studio perché lo immaginava come il luogo in cui il fratello gioiva dei suoi traguardi e si disperava dei suoi fallimenti. Insomma le emozioni più forti erano impresse in quella stanza. Racconta di quanto la madre vivesse nelle costante paura di perdere quel bambino a a cui era stata diagnosticata una malformazione cardiaca e per cui fu sottoposto ad un primo intervento chirurgico in America. “ tutta la comunità di San Giorgio a Cremano si era stretta intorno alla nostra famiglia, in quel terribile periodo, racconta Rosaria, quando Massimo non era considerato il promettente attore che poi si sarebbe rivelato.
Alla domanda “Rosaria dove eri quando ci ha lasciati? Risponde con occhi lucidi e voce rotta dalla commozione: “ero a Roma con lui a casa di nostra sorella Annamaria. Lui il giorno prima aveva terminato le riprese del film il postino.Eravamo ancora a tavola dopo il pranzo. Io ero tornata dal funerale di una giovane donna di 36 anni,Anna. Le chiedo chi è e lei sorride con mestizia. È una persona che incontrammo quando Massimo fu operato la prima volta negli Stati Uniti. Lei accompagnava i genitori. Fecero amicizia, un’amicizia speciale. Anna gli portava le fragole. Da quel periodo si frequentarono e credemmo potesse nascere qualcosa di più di un amicizia. Il legame si interruppe e poi accadde che proprio lei che Massimo allontanò all’improvviso, in gioventù, per non coinvolgerla nelle spiacevoli bizze del suo cuore fragile, proprio quell’Anna speciale sia venuta a mancare il 3 giugno 1994, ultimo giorno delle riprese de Il Postino. Mi accorsi che Massimo mi guardava, anzi mi scrutava. Conoscendolo ho capito che cercava di capire se stessi bene perché sapeva che la morte di Anna mi aveva molto turbata tanto che avevo chiesto a mio marito di partecipare alle esequie e non mandare il solito telegramma di condoglianze . Nostra sorella nel vedere che Massimo stava andando a sedersi sul divano vicino al tavolo da pranzo disse : aspetta che preparo il caffè. Lui rispose : no grazie, il caffè lo prendo quando mi sveglio. Era il 4 giugno del 1994, un caldo pomeriggio estivo e Massimo chiuse gli occhi lasciandoci sgomenti e attoniti. Un adagio recita che un vero napoletano è in grado di dire perfettamente cosa stava facendo e dove si trovava quel 4 giugno 1994 quando ha appreso la notizia della morte di Massimo Troisi, come il terremoto del 1980 o il primo scudetto del Napoli. Sono passati ormai trent’anni da quella tragica e prematura scomparsa e ancora il popolo napoletano, ma in fondo l’Italia tutta, soffre per l’assenza di uno degli attori più amati e rappresentativi della nostra cultura. Per questo motivo ancor di più sono felice di annunciare che a breve uscirà il nuovo libro di Rosaria Troisi. Sarà l’occasione per continuare il mio viaggio alla scoperta di Massimo Troisi come lo straordinario e coraggioso uomo che ci ha regalato tanto di se. Rosaria mi accompagna all’ascensore. La saluto con profonda riconoscenza. Io estranea mi sono sentita abbracciata dallo straordinario spirito “troisiano”.
Maria De Rosa